Abbiamo parlato di Cristi e Capitelli.
Abbiamo proposto anche dei percorsi di scoperta (riscoperta per i nativi) degli stessi.
Ora, vogliamo parlare anche di altri ‘evidenze’ che caratterizzano il Territorio di Facen, in modo altrettanto puntuale : le Fontane.
Ebbene sì. In un Territorio come il nostro, per la caratteristica dei luoghi, la geologia, le falde ecc., pur nella prossimità di montagne, di inverni (una volta) nevosi, di una piovosità consistente e diffusa, la disponibilità d’acqua e la sua distribuzione è sempre stata un problema.
Ancor più in tempi di una ‘colonizzazione’ ed ‘urbanizzazione’ rurale del nostro Territorio spintasi fino a quote importanti e disagevoli.
Ne troviamo conferma nelle diverse cisterne che ancora sono visibili nei pressi delle abitazioni rurali rimaste, più o meno inglobate dalla vegetazione, quando non snaturate nella loro funzione.
Ma, inaugurata nel 1935 ( XIII anno E(ra) F(ascista) con un’opera coraggiosa e certamente onerosa, l’acqua fu portata anche sul Territorio di Facen attraverso una condotta – scavata sul fianco della montagna (il ‘Troi delle Manere’) – che portava l’acqua fino al Vascon, in località ‘Col dei Schit’ appena sopra Fiere Alte.
Grazie al suo percorso, e questo è per noi così importante in questo contesto, venivano alimentate una lunga serie di fontane e lavatoi che, a dir poco, hanno enormemente sollevato e reso più accettabile la fruizione e permanenza, di uomini e animali, in luoghi all’epoca ‘rubati’ ai boschi.
Che ora ai boschi sono ritornati, dato il diverso modo di vivere cui siamo giunti, oltre che di percezione e vivibilità del Territorio.
Anche se nella essenzialità e ripetitività dello stile di regime con cui sono state edificate, la funzione sociale cui sono state votate ancora emana, pur nei disastri d’incuria in cui il mutare dei tempi le ha gettate.
La riscoperta delle stesse non vuol essere, naturalmente, una sorta di rimpianto storico o sociale.
Vuole (vorrebbe) essere, però, oltre alla riscoperta (è proprio il caso di usare questo termine, tenuto conto della difficoltà – in qualche caso – di ritrovare i luoghi stessi nell’abbandono in cui giacciono), anche una sorta di (ri)conoscimento per coloro i quali tali luoghi hanno ‘colonizzato’, ci son vissuti, nati e morti, oltre che una consapevolezza di come eravamo (e ora siamo diventati), di come il Territorio ci stia scappando di mano, di come la nostra memoria storica sui nostri stessi luoghi si stia appannando.
E stiamo parlando di pochi decenni fa, pochi anni, in qualche caso !
Non sarà facile, ma uno dei nostri obiettivi è anche quello di creare uno specifico ed ulteriore percorso, tabellato e segnalato ove necessario, per far in maniera che quante più persone abbiano a rendersi consapevoli di ciò, e – almeno ove possibile e pur consapevoli di tutti i limiti presenti – questi luoghi possano ritornare ad essere, se non proprio riutilizzati, almeno parte integrante della memoria collettiva ed oggetto di trasferimento della stessa alle nuove generazioni.
A.Chs