1782 – Facen : principi della lite con Pedavena ( 2° parte )

(2a parte)

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Stanchi finalmente quelli di Pedavena e consorti di sofferire tra di loro solamente una sì gravosa distribuzione di spese, per il restauro e il mantenimento di una Chiesa Parrocchiale, che tanto rendesi necessaria ed utile per essi, come per tutti gli altri di Facen e consorti, essendo ancor questi comparrocchiani e Figli della medesima Madre, da cui vengono egualmente nutriti e pasciuti spiritualmente per l’anime loro, si ridussero alla generosa risoluzione di voler vedere definita per sempre una sì interessante questione e col vincerla a loro favore per essere ajutati dagli altri nelle spese di tal natura, o col perderla per non aver mai più a rivolgersi contro di essi nell’occasione di tali dispendi.

Il mezzo da essi di Pedavena creduto il più facile, e il men oneroso, non fu quello di citare la Parte a litigio, il quale chi sa quanto avesse potuto durare e costare, ma fu quello bensì di ricorrere alla via più facile d’impetrare colle dovute esatte informazioni un Decreto dell’Ecc.mo Senato di Venezia (30), che obbligasse quelli di Facen e consorti a concorrere egualmente con quelli di Pedavena e consorti per il mantenimento e ristauro della Chiesa Parr.le, Campanile, Battistero e Casa Canonicale, come parrocchiani e partecipanti in egual bene dalle cose suddette.

Tale appunto l’ottennero. Fu destinato in Procuratore per il maneggio di questo tentativo il più volte lodato esperto ed intraprendente Sig.r Giovanni Cricco, il quale presentate le informazioni al Reggimento di Feltre (31) e questo accompagnatele all’Ecc.mo Senato, fu da Esso destinato per l’esame di tal materia il Magistrato Ecc.mo de’ Revisori. Non mancarono essi di serio riflesso e di chiedere al Reggimento de’ nuovi rescritti, per riconoscere appieno la Cosa; e vedutala giusta, ne diedero favorevoli risposte al Senato, il quale non dubitò più di segnare ampio Decreto approvativo di quanto chiedeva Pedavena e li consorti, sotto il dì 26 7mbre 1782. La spesa tutta per ottenere un tale Decreto fu di £. 420 c.a.

Avventurata la Parrocchia tutta di Pedavena e a tale Suprema Determinazione acquetati, come ragion voleva, si fossero gl’individui di entrambe le due Fazioni. Ma ben si conobbe in tale incontro quanto vaglia, e di quanto accidio sia talora funesta cagione l’animosità ed il puntiglio accompagnato da lacrimevole ignoranza. Alli 24 d’ottobre 1782, vigilia de’ gloriosi App.li SS.i Simone e Giuda fu pubblicato il Decreto Sanatorio sul Cimitero della Parrocchiale, ove fu con mandato ex officio raccolta la Generale Vicinìa di tutta la Parrochia.

Bastò questo per rendere arditi ed esacerbati fuori d’ogni credere quelli di Facen e consorti. Le loro pretese furono bentosto di voler vedere tagliato esso Decreto, per quanto gravosa potesse riuscire la spesa.

Le dicerie furono immense e provocanti al maggior segno. Non si poteva dare, a lor giudizio, un decreto il più ingiustamente estorto, e mal fondato. Tutti quelli che avevano per esso cooperato erano nella loro bocca i più ingiusti ed ingannatori. Non andò esente in tale incontro le taccie (32) le più insultanti il Parroco pro tempore ed il di lui Cooperatore.

Per via di mal fondate congetture si persuasero quelli di Facen, e consorti, che esso il Parroco e suo Capellano parziali fossero per quelli di Pedavena, e consorti in tale incontro, adducendo in prova di ciò molti falsi indizi e molte irragionevolezze, che non meritavano di essere sofferte senza risentimenti se provenute non fossero da un entusiasmo di passione e da ridicola grossezza d’ingegno.

Intanto quelli di Facen non mancarono di dar tosto mano all’opra. Crearono tra di loro consorti cinque Procuratori, che sostenessero in Feltre, e nella Dominante, le loro pretese ragioni per taglio di un tale Decreto. Furono Procuratori eletti Daniel De’ Bacco di Facen, Gio.Batta q.m Giovanni Pratel di Travagola, Giovanni fig.o di Vittore de’ Cech di Norcen.

Per il Comun di Facen si accatarono tosto delle sume di soldo fondato sopra l’affittanze del loro Monte detto Campo d’Avena (33); e quelli di Norcen si collettarono per fare una summa corrispondente al loro Colmello. Coll’assistenza dell’Ecc.mo Avvocato Alcaini di Venezia, il quale a loro petizione estese un memoriale d’Ascolto al Senato contro l’emanato Decreto. Tra l’altre cose è pure riflessibile, che in esso memoriale inserirono anche il nome del Parroco loro, protestando pur contro di esso e citandolo al confronto insieme con il Procuratore e li Deputati di Pedavena e consorti, quantunque in alcun’altra Carta anteriormente esarata (34) dalli sud.ti di Pedavena, per ottenere il loro Decreto, mai non fosse stato adoperato, come non doveva adoperarsi, il nome del Parroco. Fu questo infatti un effetto del loro fanatismo, piuttosto ché un bisogno o un dovere per l’integrità della loro Causa.

(30) Il Senato della Repubblica di Venezia contava 120 membri eletti dal Maggior Consiglio, che era il supremo corpo sovrano dello Stato. Non so se i nostri delegati, che si recavano laggiù a perorare le loro richieste, saranno riusciti ad arrivare con timore reverenziale di fronte alla solenne maestà dei senatori avvolti nelle loro rosse dalmatiche. Certo che mai avrebbero potuto immaginare che, appena quindici anni dopo, quel grandioso potentato sarebbe finito in circostanze quanto mai penose.

 (31) Reggimento: Venezia mandava un patrizio a reggere il distretto di Feltre col titolo di Rettore o Podestà o Capitanio. Era aiutato nel suo ufficio da due Provveditori ai confini e dal Consiglio dei nobili feltrini. Il magistrato dei Previsori doveva appartenere all’apparato burocratico e rappresentativo del senato con funzioni di preordinare la materia che veniva portata all’esame dei senatori, elaborandone spiegazioni e commenti per una sua più rapida comprensione e trattazione.

 (32) Taccie: macchie di cattiva fama, imputazioni e accuse da parte dell’opinione pubblica.

(33) Riesce di rilievo il fatto che il ‘ Comune di Facen ’ (inteso come gruppo di famiglie – o di fochi – accomunate dalla residenza nella stessa ‘villa’) dava in affittanza pascolativa il Campon d’Avena, ricavandone un profitto. Sarebbe interessante conoscere l’origine istituzionale di tale privilegio di proprietà montana collettiva e come avvenne che, per interventi autoritativi o per naturale devoluzione, tali beni di antica regola passarono tutti all’attuale entità giuridica amministrativa che è il Comune di Pedavena oppure subirono un processo di privatizzazione ad andamento speculativo, a favore della nobiltà o della ricca borghesia di quel tempo, che così avrebbe sottratto alle ‘ville’ i beni goduti senza alcuna contropartita economica.

 (34) Esarata: (dal latino exaratum = arato) nel significato di cancellata, depennata. In paleografia la cancellatura eseguita col raschietto si chiamava ‘esarazione’.

(35) Non ci è dato di sapere se i procuratori, nei loro ripetuti viaggi alla Dominante, si servissero della diligenza o di una carrozza privata. Comunque, come ripetuto nelle note storiche, rimane certo che le strade erano pessime, tanto che chi usava simili veicoli a percorrere lunghi tragitti veniva sballottato per ore tra buche e ciotoli, polvere e fango, a seconda della stagione. E poi, per giungere a Venezia dalla terraferma, per forza dovevano farlo su una imbarcazione. Della mancanza dei ponti translagunari ormai si è persa la memoria. Si prendeva la gondola grande a due remi, capace di 12 persone coi bagagli, e la spesa di centesimi 25 a testa, oppure imbarcazioni più piccole, anche da noleggiare privatamente. In conclusione, il cronista, per quei trasferimenti andata e ritorno da Pedavena, usa giustamente l’aggettivo ‘ travagliati ’, ad indicare le fatiche ed i patimenti cui erano sottoposti i viaggiatori, tanto che messere Gaspare Rento, forse il più anziano dei procuratori, rinuncia volentieri a quell’incarico prestigioso ma spossante a favore del figlio.

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Tratto dal “ Libro cronistorico della parrocchia di Pedavena (1757-1924)” a cura di Giuseppe Corso e Aldo Barbon

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